Il Tirreno

Toscana

Cibo

L’oro toscano: da Taste nuove tendenze del gusto e antiche tradizioni rinnovate

di Irene Arquint
L’oro toscano: da Taste nuove tendenze del gusto e antiche tradizioni rinnovate

Alla fiera del gusto a Firenze si passa dal salame al cioccolato: il passato sposa l’innovazione. Numero record di espositori

04 febbraio 2023
4 MINUTI DI LETTURA





Dal buccellato di Lucca che più tradizione di così non esiste, ai salumi di pesce, versione moderna di quella saggezza contadina che del maiale non buttava via niente. Taste 2023 (fino a domani alla Fortezza da Basso a Firenze) raccoglie tanta voglia di fare e di esserci, con l'entusiasmo tipico dei golosi.

Hai voglia a dire a tavola siam tutti uguali, quando in realtà c'è qualcuno che è più uguale degli altri: la passione. «È questa un'edizione in cui si annusa un grandissimo entusiasmo, più dell'anno scorso, sebbene sottotono. I produttori sono arrivati con una gran voglia di fare il botto» spiega Davide Paolini, ideatore sedici anni fa della fiera che raccoglie le eccellenze alimentari del made in Italy, la migliore nel nostro paese. Sono 538 le realtà presenti, cento in più rispetto all'edizione passata, rasentando il numero limite, per una Fortezza da Basso pressoché a tappo per accoglierli tutti. Nonostante ciò sono rimaste fuori oltre un centinaio di attività che avevano presentato domanda. «Il nostro paese è ricchissimo di aziende che meriterebbero un palcoscenico» spiega Paolini, collaboratore di Pitti Immagine nella scelta di chi ammettere. E fra le novità di tendenza? «Gli amari sono un'importante realtà imprenditoriale da paragonare ormai alle tradizionalità - aggiunge il giornalista gastronomico padre di Taste - E poi ho notato aziende agricole entrate sul mercato con coraggio e fantasia, trasformando in prima persona una materia prima che fino a poco tempo fa fornivano ad altri».
 


Alessandra e Antonella Gerini, dalla lunga storia che fin dal 1700 a Pontassieve lega la loro famiglia alla salumeria, sono fra le new entry di questo Taste. Da due anni sperimentano attorno ad una modalità gentile (come dicono loro) per sterilizzare i contenitori dei sughi. Bontà che paiono uscite dalla cucina della nonna, anche dopo diciotto mesi da quando vengono sigillate nel vetro. L'impulso a voler realizzare qualcosa di loro deriva dalla scoperta di un carteggio del nonno Giovanni con un omonimo napoletano esperto di carni. Giò e Giuà è proprio l'incontro del sapere toscano e campano che strizza l'occhio anche ai vegetariani, in sette sughi quanti sono per la massaia i giorni della settimana. E come le sorelle Gerini attingono al passato per creare un nuovo ingrediente, altre due sorelle, questa volta pratesi, elaborano una ricetta simbolo della nostra terra per adattarla a palati moderni. Sue Ellen e Celeste Mannori, dell'omonimo salumifici partito dagli allevamenti che la famiglia custodiva a Vergaio, pensando a chi rifugge il grasso, lo tolgono dal salame e creano il Magro, ultimo ritrovato presentato quest'anno in fiera. A caratterizzarlo: il 90% di carne magra e solo il 10% grassa presa dalla gola, la parte in cui il nemico delle diete si presenta nobilitato da un sapore migliore. C'è poi chi con il cioccolato mette d'accordo le forze armate sotto il marchio Cioccolato Militare. Stefania Penoni cinque anni fa con la sua Fonderia del Cacao, ha rispolverato le vecchie tavolette che facevano parte del kit di sopravvivenza dell'esercito. Oggi, esposti sugli scaffali del suo stand, troviamo vecchi liquori come l'Anisetta dalla ricetta dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze e poco più in là i nuovi gusti che Fonderia del Cacao inserisce nelle praline con cuore di bergamotto, aceto balsamico o pepe.

Noalya di Ponsacco, altra realtà che tratta l'ingrediente donato agli uomini da un dio azteco, lancia la linea dedicata ai professionisti. Ecco dunque un cioccolato dal gusto biscottato perfetto per pasticcieri e gelatieri, ma anche uno che ricorda la liquirizia grazie allo zucchero moscovado, mentre per il consumatore finale arriva la crema spalmabile senza latte di origine animale. Una novità, più che altro nella recente acquisizione da parte della famiglia Barbagli-Carapelli, riguarda Chiaverini, storico marchio confetturiero datato 1928 con cavalli di battaglia inusuali come le more di rovo selvatiche (solo loro rappresentano il 30% del fatturato aziendale), scorze d'arancia dolce, fichi e mandorle. Appartenuta sempre a famiglie gigliate, Chiaverini è sì un emblema, pressoché sconosciuto però fuori regione. «Firenze e la Toscana sono un biglietto da visita molto potente» spiega Andrea Barbagli, amministratore delegato Chiaverini che si è posto l'obiettivo di farle varcare i confini di casa. La sua caratteristica? «Soli tre ingredienti: zucchero, frutta e tempo - spiegano i fratelli Paolo e Andrea Barbagli - i segreti da sempre per la buona riuscita». Soprattutto il tempo, necessario quando i procedimenti sono rispettosi delle vecchie gestualità. Dal forno di Quarrata i fratelli Lunardi hanno invece portato il pandoro a cui da anni Massimiliano lavorava. La loro è una realtà che affonda le radici nella vecchia bottega dei genitori Luigi e Roberta, aperta nel 1966 lì dove ancora infornano e impastano emblemi della toscanità come il panforte, il migliore per la classifica stilata due anni fa dal Gambero Rosso. Un salto fuori regione ci fa affacciare alla realtà agricola aquilana Ramo di Mandorlo in cui si coltivano ceci e lenticchie, base perfetta per paste proteiche e gluten free. Ideate da Alido Venturi e dalla moglie Bruna, ispirandosi alle ferratelle abruzzesi, hanno dato vita anche dei deliziosi snack 100% farina di lenticchie.

 

Primo piano
Venti di guerra

Aviatori di Grosseto e Pisa in Alaska per una maxi esercitazione della Nato

di Danilo Renzullo