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Il prof Malvolti: «Grazie all’angelo che mi ha salvato col defibrillatore»

di Marco Sabia
Il prof Malvolti: «Grazie all’angelo che mi ha salvato col defibrillatore»

Il presidente della Fondazione Montanelli Bassi colpito da malore durante un evento pubblico. Dae usato da uno studente che stava seguendo un corso per soccorritori: «Non sono un eroe»

19 aprile 2024
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FUCECCHIO. Una vicenda a lieto fine, che dimostra come l’utilizzo tempestivo di un defibrillatore da parte di persone formate possa fare la differenza. Ora se ne discute più come mai, a seguito della morte di Mattia Giani, calciatore 26enne del Castelfiorentino sui cui soccorsi la procura fiorentina ha aperto un’inchiesta per capire cosa sia accaduto sul campo del Lanciotto (Campi Bisenzio). Qui il protagonista è un uomo molto noto a Fucecchio, che non si ricorda niente di quei momenti drammatici e nemmeno dei quattro giorni precedenti, ma che quando si è svegliato in ospedale a Empoli ha scoperto che se non ci fosse stato un defibrillatore a disposizione e qualcuno capace di utilizzarlo, lui probabilmente non sarebbe sopravvissuto.

Il malore

Alberto Malvolti, 76enne professore di storia e conosciuto soprattutto per il suo ruolo di presidente della Fondazione Montanelli Bassi, lo scorso 15 febbraio è andato a un passo dalla morte. Era stato invitato al circolo nella frazione Torre, doveva si discuteva anche di Padule, un tema caro a Malvolti: solo che poco prima di andar via Malvolti ha accusato un attacco cardiaco. Fortuna ha voluto che la Pro Loco Torre avesse recentemente acquistato un defibrillatore da mettere a disposizione della cittadinanza e che a quell’incontro fosse presente un giovane – Gianmarco Geloso – che stava frequentando proprio un corso per imparare l’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici Dae. Geloso – aiutato nei soccorsi anche dal sindaco Alessio Spinelli, dal presidente della Pro Loco Fucecchio Francesco Dei, dal collega della Pro Loco Torre Roberto Pellegrini che è andato a prendere il defibrillatore – ha iniziato il massaggio cardiaco e poi ha sistemato le piastre del defibrillatore sul petto del professor Malvolti, compiendo così un gesto che lo ha salvato. Il Dae infatti rileva l’attività cardiaca e indirizza chi lo usa a premere un bottone per dare la scarica che serve per far ripartire il cuore; nel frattempo in piazza alla Torre sono arrivati i soccorsi del 118, che hanno portato Malvolti in terapia intensiva, dove è rimasto per un po’ prima di essere dimesso.

Riconoscenza

È proprio Malvolti, due mesi dopo, a raccontare questo episodio: «Non ricordo niente di quei momenti, sono stati poi i miei cari a spiegarmi cos’era accaduto. Certo, se mi fossi sentito male in un luogo dove non c’era un defibrillatore e dove non c’era nessuno che lo sapesse utilizzare, forse sarebbe andata molto peggio. Per questo ho ringraziato Gianmarco Geloso e tutti quelli che mi hanno aiutato; oggi sto meglio e ho ripreso la mia vita».

L’angelo

Dall’altra parte c’è appunto Geloso – 20 anni, studente di progettazione del verde all’Università di Firenze – che stava frequentando un corso come soccorritore livello base alla Pubblica Assistenza di Fucecchio, che avrebbe concluso pochi giorni dopo con l’esame. Che, di fatto, si può dire abbia superato in anticipo quella sera “sul campo”: «Malvolti si è sentito male ed è partita la ricerca di un medico o un infermiere. Mi sono alzato per dare una mano. Alberto non respirava: abbiamo chiamato il 118 e io ho specificato che stavo facendo un corso come soccorritore e che quindi avrei potuto fare l’analisi “Gas” (guardare ascoltare sentire) per individuare eventuali stimoli vitali. Dal 118 mi hanno detto di iniziare il massaggio cardiaco e lì mi sono isolato dal mondo, come se tutto il resto non esistesse. Ho proseguito col massaggio fino a poco prima dell’arrivo dell’ambulanza, dando la prima scarica col defibrillatore. Quando ho visto che Alberto era stato preso in carico, la tensione è scesa attraverso le lacrime». Geloso poi spiega quanto questo episodio gli abbia cambiato la vita: «Mi son reso conto di quanto 5 minuti possano fare la differenza, per questo ora faccio il corso avanzato come soccorritore e vorrei continuare la mia esperienza nel volontariato. Dovremmo lavorare per portare questa cultura nelle scuole».

L’emozione

Geloso ha incontrato Malvolti dopo quel fatidico 15 febbraio: «Ho notato Alberto passare da corso Matteotti e quando ho capito che era lui c’è stato un momento in cui mi son sentito bene, perché lui stava sorridendo. Ho fatto un respiro profondo e l’ho salutato». Una vicenda che dimostra inequivocabilmente quanto le competenze di un corso che dura poche ore se usate bene possono cambiare la vita non solo di una persona, ma di tutti quelli che hanno collaborato a salvarla. Ma Geloso si sente un eroe? «No, gli eroi sono quelli che dedicano il proprio tempo agli altri, nel sanitario come nel sociale. Io sono semplicemente un ragazzo che voleva mettere le proprie conoscenze a disposizione della collettività». 

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