Formazione professionale e lavoro: «Stop alle posizioni ideologiche»
Cescot Confesercenti Pistoia «Corsi calibrati sui fabbisogni del territorio»
PISTOIA. «È necessario uscire dalle contrapposizioni meramente ideologiche e affrontare la questione». È il monito di Cescot Confesercenti Pistoia sul tema centrale della domanda del mercato del lavoro e sulla risposta in termini di occupazione. Pur sottolineando che «non spetta alle associazioni economiche e alle agenzie formative individuare le soluzioni», Cescot ritiene «indispensabile una riflessione su quanto sta accadendo, sia per utilizzare le rilevanti risorse finanziarie in modo efficace per i cittadini, le imprese e l’occupazione, sia per affrontare in modo nuovo il tema dell’occupazione, del disagio sociale, della scarsa cultura al lavoro e alla formazione».
In questi mesi Cescot si sta concentrando sulle azioni del programma Gol (Garanzia di occupabilità del lavoratori) sia come Agenzia per il Lavoro, con i colloqui orientativi e di inserimento lavorativo, sia come Agenzia Formativa con la realizzazione di corsi di aggiornamento e riqualificazione.
Per Cescot emergono però molte criticità delle quali è necessaria piena consapevolezza e le dovute riflessioni. «Come Agenzia per il Lavoro, i dati dopo circa nove mesi di attivazione del servizio dicono che tali politiche attive del lavoro in circa il 26% dei casi ha avuto successo in termini occupazionali se pur con contratti prevalentemente a tempo determinato – spiega l’ente di formazione di Confesercenti –. Emerge un’utenza sempre più passiva da orientare, ma anche un mondo aziendale che ancora investe poco e senza i giusti criteri nel capitale umano: si cerca personale solo pensando al costo e non all’investimento, si parla con difficoltà di profili professionali e di recruitment. Il focus delle aziende è solo sui costi e gli orari senza la capacità di tradurli nella gestione delle risorse umane».
Anche nella formazione emergono molte criticità a distanza di due mesi dall’avvio. Nei corsi progettati per colmare il gap con il mondo del lavoro si registra una bassa frequenza e un alto tasso di abbandono, che indicano situazioni di forte disagio sociale. «Una opportunità che viene percepita come un obbligo – sottolinea Cescot –: si abbandona ancora prima di iniziare il corso o comunque nelle prime lezioni adducendo le scuse più svariate. La continuità alla partecipazione è legata quasi sempre al sostegno economico e alla presenza degli ammortizzatori sociali: quando questi si interrompono le persone abbandonano».
In alcuni casi le cause vanno anche ricercate nell’assenza di motivazione e attitudine al ruolo professionale, nella scarsa abitudine ad assumere responsabilità o a rispettare anche semplici regole come quelle riferite agli orari di presenza in aula. «Un percorso di formazione, soprattutto se di riqualificazione, richiede un lavoro su stessi, un processo di cambiamento oltre a un investimento di tempo e di energie – conclude Cescot –. Indubbiamente i cataloghi dell’offerta formativa non rispondono sempre agli interessi e alle propensioni dei cittadini e quindi ne scaturisce una “forzatura nelle iscrizioni ai corsi”, ma è vero anche che quei cataloghi sono frutto dei fabbisogni del territorio. Non possono essere le agenzie a farsi carico degli abbandoni così come degli inserimenti occupazionali».
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