Il sogno continua
Pisa, errore nel cesareo: risarcimento milionario per danni permanenti alla neonata
Una diagnosi errata e un cesareo eseguito in ritardo causarono danni irreversibili a una neonata
PISA. Quel cesareo doveva essere fatto prima. Anticipato di almeno un’ora rispetto al parto. Anzi, meglio: bisognava intervenire già la sera prima, quando al pronto soccorso venne effettuata una valutazione errata. Fu così che, nell’estate del 2004 al Santa Chiara, nacque una bambina che a causa della mancanza di ossigeno sarebbe rimasta gravemente danneggiata sia dal punto di vista fisico che cognitivo. Ora, a distanza di oltre vent’anni, il Tribunale civile di Pisa ha stabilito che la famiglia di quella che ormai è una ragazza debba essere risarcita con una cifra di quasi due milioni di euro.
Una catena di errori
Secondo quanto si legge nella sentenza (e nella consulenza alla quale fa riferimento), quanto avvenuto tra il 17 e il 18 luglio del 2004 all’ospedale pisano fu una drammatica catena di errori e imperizia.
La madre della bambina, al nono mese di gravidanza, si presentò al pronto soccorso accusando forti dolori addominali. Fu sottoposta a visita ostetrica e al tracciato cardiotocografico (l’accertamento che controlla battito del feto e contrazioni uterine). In seguito, fu dimessa e invitata a tornare la mattina successiva. Il 18 luglio, però, la situazione era già precipitata: lo dimostrò un’altra cardiotocografia iniziata alle 10,40 e in seguito alla quale venne disposto il ricovero per un cesareo d’urgenza, eseguito alle 12,28. Quattro minuti più tardi nasceva la piccola, cianotica e senza respiro. Le manovre rianimatorie le salvarono la vita ma non poterono tuttavia evitare uno stato di gravissima assenza di ossigeno con i conseguenti danni permanenti, stimati dai consulenti in una misura dell’85%.
Le colpe
Fin qui la ricostruzione di quanto accaduto. Per quanto riguarda le colpe, secondo il giudice civile, sono diversi i comportamenti censurabili da parte dei sanitari. A partire dalla sera del 17 luglio, quando accadde qualcosa che ha dell’incredibile: venne smarrito il tracciato cardiotocografico. Secondo i periti, «l’assenza di tale tracciato non permette di capire a oggi lo stato del feto in quel momento». Tuttavia – argomentano – se fosse stato normale non ci sarebbe stato motivo per far tornare la signora il giorno successivo. Di converso, se avesse mostrato qualche alterazione, la donna avrebbe dovuto essere ricoverata per ulteriori controlli. Dunque, la decisione di dimetterla – secondo i periti – non è stata comunque condivisibile.
Gli errori del giorno dopo
La seconda parte degli errori si concretizzò invece il giorno successivo, nel reparto di maternità. In questo caso già dall’inizio della cardiotocografia (che come detto prese il via alle 10,40) ci si sarebbe dovuto accorgere – sempre secondo la perizia – della grave sofferenza fetale, che doveva a sua volta indurre a eseguire un taglio cesareo d’urgenza.«al più tardi intorno alle 11,30»). Invece, come sappiamo, l’incisione per far nascere la piccola fu effettuata dai medici soltanto un’ora più tardi.
Una catena di eventi che portò a un esito infausto e per la quale la giudice Giulia Tavella ha condannato l’Aoup a versare alla famiglia della piccola un milione e 807mila euro tra danni e spese di giudizio. Di questi, circa un milione saranno a carico di Hdi, compagnia di assicurazioni dell’Azienda ospedaliera.