Il Tirreno

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Il personaggio

Giacomo, da benzinaio a Pisa a inventore del nuovo social sbarcato in America: «Aiuto la gente a realizzare i sogni»

di Valentina Landucci
Al centro Giacomo Vose con il suo team: Antonino Risicato e Vincenzo De Caro
Al centro Giacomo Vose con il suo team: Antonino Risicato e Vincenzo De Caro

Originario di Cagliari, toscano d'adozione, ha appena lanciato sul mercato la sua "creazione": «L'idea mi è venuta di notte. Da quel momento è iniziata la mia grande sfida»

04 maggio 2024
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PISA. Alzi la mano chi, svegliandosi al mattino per affrontare una nuova giornata, si senta pienamente felice. E faccia altrettanto chi, di fronte alla consapevolezza di non esserlo, quanto meno di non esserlo a pieno, abbia deciso di cambiare la propria vita potendo contare solo su se stesso. Ci vuole coraggio. E certo non solo quello. Serve una motivazione profonda per scrivere, o meglio riscrivere, la propria storia. Come ha fatto Giacomo Vose, ex studente di ingegneria elettronica a Pisa. Ed “ex” molte cose: aspirante pilota, lavoratore immigrato all’estero, cameriere, barista, benzinaio, dipendente di una ditta nel settore delle tecnologie a Pontedera fino a quello che, per molti, sarebbe da considerasi il traguardo della vita: responsabile dello sviluppo industriale di Arduino, progetto e poi società informatica italiana che ha fatto e fa la storia del settore a livello globale. Per molti. Non per Giacomo. Che aveva un sogno: realizzare i sogni degli altri. Giacomo Vose, originario di Cagliari, ma ormai pisano d’adozione, a quelle mattine piene di insoddisfazione nonostante gli indubbi traguardi professionali raggiunti non si voleva assuefare. Così ha inventato Wishew, il social del desideri, quelli delle persone che inseguono sogni e cercano mezzi per realizzarli. Da pochi giorni l’idea nata nel marzo del 2022 è, per così dire, stata messa a terra: il social è stato lanciato sul mercato americano – ma è già allo studio lo sbarco in Gran Bretagna e Canada – con il sostegno economico di un altro sognatore, per indole e per tradizione familiare, Leonardo Maria Del Vecchio, Chief Strategy Officer di EssilorLuxottica e presidente della Fondazione filantropica OneSight EssilorLuxottica Italia Ets. «Sono arrivato a Pisa dopo il diploma come volontario in Aeronautica, convinto di voler fare il pilota – racconta Vose – Ma nel corso del mio primo anno ho cambiato strada e mi sono perso: quando viene meno l’obiettivo inseguito per anni succede. Sono andato a lavorare a Vienna, facevo il barman e il gelataio. Poi ho deciso di iscrivermi a Ingegneria Elettronica e... è stata durissima, soprattutto all’inizio».

Anche a Pisa studiava e lavorava?

«Mi dovevo mantenere agli studi e ho fatto di tutto: il cameriere, il benzinaio, il parcheggiatore, per un periodo ho riparato attrezzature elettriche in un negozio a Livorno. Dopo la laurea invece ho cominciato a lavorare per una piccola società a Pontedera, ma dopo poco ho cominciato a sentirmi troppo nel piccolo».

Come arriva a lavorare per Arduino?

«Sono riuscito ad avere un appuntamento con Fabio (Fabio Violante, manager di Arduino, ndr), una presentazione telefonica per la verità, mentre ero in treno, diretto a Torino. E sul treno sostanzialmente... mi ha assunto. Una scena da film, davvero! Mi ha assunto in video chat sul treno e mi ha dato da gestire la divisione industriale della società alla quale loro stavano già pensando. È stata una esperienza importante a livello internazionale da tutti i punti di vista».

Però ha deciso di lasciarla...

«Anche questa esperienza è diventata piccola dopo un po’, nel senso che mi stava stretta: sentivo di aver bisogno di esprimermi da solo e sono cascato nuovamente in un periodo di perdizione. Sul piano umano sentivo una aridità pazzesca. Mi dicevo: se devo andare avanti così sono spacciato. Volevo alzarmi la mattina felice e per esserlo, questa era la mia idea, volevo fare qualche cosa per gli altri. Così, circa due anni fa nel marzo 2022 una notte ho avuto un’idea».

Qual’è stata la prima cosa che ha fatto, a quel punto?

«Ho iniziato a distruggerla. In ogni modo, da ogni punto di vista, per capire se restava in piedi, se funzionava. E... non riuscivo a distruggerla, in nessuna maniera! A quel punto, dopo i primi sei mesi, ho cominciato a cercare il team».

È stato facile?

«La sfida più grande del prodotto era entrare nella testa e nel cuore delle persone. Viviamo in un mondo di grande individualismo, ciascuno ha già i propri problemi ai quali pensare. Io proponevo alla classe media un’idea, un social che non fosse uno strumento per passare il tempo, dovevo entrare nella testa delle persone e quindi avevo bisogno di un team in grado di fare questo: persone che sapessero parlare e muoversi in maniera eccezionale. Ho contattato 18 figure, sparse per il mondo. Non è andata subito bene. Poi ho conosciuto Antonino Risicato e Vincenzo De Caro: dopo cinque minuti di call con loro si sono vestiti dell’idea, l’avevano già dentro, in un percorso di vita similare cercavano una causa più importante delle cose ordinarie. Ci siamo trovati!».

Come è stato invece l’incontro con Leonardo Maria Del Vecchio?

«Quelli per la ricerca di fondi sono stati mesi tribolati e frustranti: è un percorso veramente lacerante per uno startupper. Ma in Leonardo abbiamo trovato una apertura che non avevamo incontrato prima: erano tutti bravissimi a parlare dei loro investimenti per poi concludere di tornare da loro con i numeri. Ma come si fanno i numeri se nessuno ti consente di cominciare? Con Leonardo è stata tutta un’altra cosa: dopo un minuto di conversazione aveva compreso tutto, tutte le dinamiche e anticipava le mosse. Credo che abbia influito anche la sua età nella capacità di comprendere la dimensione del progetto».

Cosa rende Wishew “nuovo”?

«Tantissime cose. Intanto è il primo social che diventa crowdfunding e si rivolge alla classe media globale, al popolo, guardando al lifestyle: siamo tutti fatti di desideri che non sono giudicabili. Wishew dà a tutti la possibilità di realizzarli».

Perché un social sui desideri?

«I desideri sono quelli che ci tengono in vita, dai più piccoli ai più grandi. Siamo alimentati, completamente, dai desideri. Pensiamo cosa vorrebbe dire, al contrario, non averne. Per quanto mi riguarda questo è diventato il mio desiderio, il sogno più grande: alzarmi la mattina e dalla mia dashboard vedere quante persone stanno realizzando i loro desideri. Mi riempie l’anima. È la fonte più grande di felicità. Non so se farò altro nella vita o come andranno le cose. Ora sono concentrato sul farlo funzionare. Dobbiamo metterlo a terra».

Cosa desiderano le persone che utilizzano Wishew?

«Di tutto. Lo abbiamo visto nei due mesi prima dell’uscita ufficiale del nostro prodotto. Un aiuto per una borsa di studio, consolle, computer, smartphone. I desideri riguardano spesso tecnologia e viaggi. C’è stato un ragazzo che ha chiesto risorse per aprire il suo birrificio. E ancora una donna che chiedeva di poter organizzare la luna di miele col proprio marito: ha dovuto crescere quattro bambini avuti uno dopo l’altro e non era mai riuscita a regalarsi questa opportunità. Ci sono persone che chiedono auto o strumenti musicali. Del resto una delle novità di Wishew è proprio quella di guardare al lifestyle, almeno in partenza. In prospettiva non escludiamo di estendere il social anche al settore della carity».

Cosa direbbe a chi, in questo momento, si sente come si è sentito lei: a chi non è felice e cerca una strada per diventarlo?

«Per fare un percorso come il mio serve una motivazione molto più profonda di un classico startupper: non basta un’idea con la quale si pensa di fare due soldi. La “chiamata” dovrebbe essere un po’ più profonda. Se dovessi dare consigli direi: hai dentro quel fuoco? Magari quello che ho avuto io? Combatti. Anche se sarà difficilissimo. Se quel fuoco non c’è non bisogna neanche partire. È un percorso che non richiede debolezze d’animo e tentennamenti».

In questo suo percorso ha avuto qualcuno accanto? Un mentore?

«No, è stato un percorso in solitaria e questa è stata la mia principale sofferenza, perché anche le persone che ho accanto non riuscivano a percepire quello che sentivo io. È una delle cose più difficili da affrontare e sono stati tanti i momenti di sconforto. Ma sono grato a Leonardo: volevamo creare una piattaforma per i desideri e lui ha esaudito il nostro desiderio di farlo».

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