Indagato a 15 anni per violenza sessuale, ma la denuncia non c’è: cos’è successo a San Vincenzo? I dubbi e le testimonianze contrastanti
I fatti risalgono all’estate del 2024: l’avvocato del minorenne chiede chiarezza. «Chi sa parli, questo ragazzino vive nel malessere»
SAN VINCENZO (LIVORNO). Non c’è un’ipotesi più certa delle altre per far luce su quanto accaduto la sera del 24 luglio 2024 nella pineta all’esterno della discoteca all’aperto La Playa, a San Vincenzo, sulla costa sud in provincia di Livorno. Di sicuro, ci sono due adolescenti che si sono spinti su un terreno impervio, che rischia di farli precipitare. A un anno e mezzo dai fatti l’ombra della violenza sessuale resta tale, ma niente di più. Non c’è una denuncia a carico del presunto stupratore. La Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Firenze procede nell’accertamento dei fatti. Ed ha richiesto ulteriori approfondimenti dopo la chiusura delle indagini preliminari che vedono il ragazzo imputato per violenza sessuale nei confronti di una ragazza di un anno più grande.
Il codice rosa e il referto medico
Quella sera di luglio è stato attivato il codice rosa, quello per le vittime di violenza. Il referto medico di quella notte, per quel che è dato conoscere, dirà che la ragazza ha avuto un rapporto completo, il primo della sua vita, ma i sanitari non riscontrano segni compatibili con una violenza. Quello che è accaduto, è avvenuto lontano dalla discoteca. Nel buio della pineta lì vicino, dove non arrivano i controlli del personale di sicurezza e neppure le luci dei lampioni.
Domande ancora aperte
C’è un carico di domande ancora senza risposte. A fare il punto è l’avvocata Elena Parietti, su esplicita richiesta di giustizia dell’indagato minorenne e quindi della sua famiglia. Alla luce delle più recenti attività investigative delegate dal pubblico ministero ai carabinieri di San Vincenzo, la difesa dell’indagato, ancora minorenne ritiene necessario fornire un aggiornamento sullo stato del procedimento, nel pieno rispetto del principio di non colpevolezza e della particolare delicatezza dei fatti oggetto di indagine, ma anche richiedere un ausilio nella ricostruzione della realtà dei fatti.
Le incongruenze nelle testimonianze
«Le ulteriori escussioni testimoniali non hanno chiarito in modo definitivo la dinamica dei fatti, ma hanno invece fatto emergere nuove e significative incongruenze tra le versioni rese dai soggetti oggi e allora sentiti – afferma l’avvocata – . Tali discrasie incidono in modo rilevante sulla ricostruzione dell’evento e, soprattutto, su un profilo centrale del procedimento: senza entrare nella precisa dinamica dei fatti, sulla percezione del consenso o dissenso da parte dell’indagato, all’epoca minorenne, nonché sulle condizioni psicofisiche della ragazza che avrebbe potuto, come dicono parte dei testimoni, essere stata sotto effetto di alcol».
L’appello a chi sa qualcosa
Sia chiaro, non si tratta di fare processi ma di un appello affinché chi può avere elementi utili a ricostruire la vicenda si faccia avanti. Può farlo rivolgendosi ai carabinieri oppure contattando l’avvocata Parietti. «Abbiamo formalmente richiesto, sin dall’origine, che venissero svolti ulteriori accertamenti, incluso un nuovo interrogatorio dell’indagato e l’approfondimento del contesto personale, relazionale e di vita della persona offesa, precisando che tale analisi non sono in alcun modo finalizzate a compiere un giudizio morale, ma esclusivamente volte a comprendere ciò che era concretamente conoscibile e percepibile dall’indagato nel momento dei fatti».
La necessità di approfondire il contesto
Che prosegue: «La valutazione della personalità, delle abitudini e delle modalità relazionali dei soggetti coinvolti, in maggior misura della persona offesa, rappresenta uno strumento essenziale per la ricerca della verità, soprattutto in procedimenti che riguardano dinamiche adolescenziali complesse, e che non possono essere relegate in secondo piano senza assumersi il rischio di una ricostruzione parziale e incompleta».
Il peso psicologico sull’indagato
A oltre un anno e mezzo dai fatti, «l’indagato, tuttora coperto dal principio di non colpevolezza, vive in una condizione di profondo malessere, dolore e preoccupazione per il suo destino; le ricadute psicologiche hanno valenza personale, familiare, scolastiche e sociali, c’è poco da dire, la sofferenza derivante da un’accusa così grave, a cui si è aggiunta al tempo, una forte esposizione mediatica locale, ha inciso sul suo percorso di crescita, sulla sua serenità e sullo sviluppo psicofisico. Non essere ancora giunti ad una piena chiarezza, dopo un anno e mezzo, non ha giustificazione».
Il nodo dell’alcol tra minorenni
Che sottolinea: «Un fatto tutt’altro che marginale, e che merita di essere esplicitato, è che tutti i protagonisti, minorenni, avevano assunto bevande alcoliche. Eppure, sorprendentemente, ad oggi nessuno si è mai interrogato seriamente su chi abbia fornito quell’alcol. Ci si chiede allora se sia accettabile che queste sfumature, ammesso che di sfumature si tratti, continuino a passare inosservate, mentre un ragazzo poco più che 15enne, all’epoca dei fatti, vive, da oltre un anno, ogni giorno sotto il peso di un giudizio universale, segnato da un’accusa gravissima, senza che si sia mai posta con la stessa forza la domanda su come e perché dei minorenni abbiano potuto assumere alcol in quel contesto. Non è una deviazione dal tema della responsabilità penale, ma una parte essenziale del contesto: è legittimo domandarsi se tutto questo “vada bene così”».
L’appello finale alla verità
Da qui l’appello «esplicito e responsabile a chiunque abbia visto, sentito o sia venuto a conoscenza di fatti rilevanti: si faccia avanti e racconti la verità. Chiunque disponga di informazioni utili, abbia assistito ai fatti o possa contribuire a chiarire aspetti rimasti inesplorati, si rivolga agli inquirenti, alla famiglia del ragazzo, al giornale, allo studio legale, affinché tali elementi possano essere valutati e verificati per fare chiarezza».
La richiesta di una verità completa
Che conclude: «Continuare a vivere in questa condizione di sospensione, incertezza ed esposizione pubblica non è possibile, soprattutto per un ragazzo che ha diritto, come chiunque altro, a una verità accertata con rigore, completezza e responsabilità. Ribadiamo la fiducia nell’operato della magistratura e auspichiamo che l’indagine prosegua attraverso un’attività puntuale, scrupolosa e completa, unica via per garantire una decisione fondata su ciò che è stato realmente accertato e non su ciò che è rimasto inesplorato e che si traduce in un’atroce accusa che, allo stato, vacilla nei fondamenti».
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