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Il caso

«Il Caffè del Porto va rimosso»: scatta l’ordinanza dell’Adsp a Portoferraio

di Redazione Piombino
Il locale a Portoferraio
Il locale a Portoferraio

La scelta per motivi di viabilità e security, ma la società replica: «Non è giusto»

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PORTOFERRAIO. Ora è ufficiale. Non c’è più posto ai piedi del Molo Massimo per il Caffè del Porto. O almeno è ciò che ritiene l’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale che, con l’ordinanza numero 17 del 9 dicembre, ingiunge la rimozione delle aree occupate dall’esercizio commerciale di Portoferraio, che in base alla concessione a suo tempo rilasciata, avrebbe dovuto sgomberare i manufatti realizzati a partire dallo scorso 1 febbraio. La società Caffè del Porto, secondo quanto si apprende, ha già presentato istanza di annullamento in autotutela dell’ordinanza rilasciata dal Adsp.

«Il Caffè va rimosso»

La decisione di non rinnovare la concessione e successivamente di procedere allo sgombero dei locali è maturata in esito al procedimento che ha rilevato, riguardo alle caratteristiche strutturali del manufatto, delle criticità sotto il profilo della security e della viabilità stradale.

Nell’ingiunzione dell’Adsp, l’ente ricorda che nella licenza di concessione era chiaramente indicata la prescrizione in base alla quale “entro il giorno di scadenza, fissato al 31 gennaio 2025, il concessionario avrebbe dovuto sgombrare a proprie spese il bene occupato, asportando i manufatti impiantati, e quindi riconsegnarlo nel pristino stato all’ AdSP.

Nell’ordinanza, all’esercizio commerciale viene ingiunto di procedere alla rimozione dalle aree occupate senza titolo del manufatto e di tutte le altre opere di facile rimozione ad oggi ivi insistenti come tettoie, verande e pergolati, entro e non oltre 90 giorni dalla data di notifica. In caso di inottemperanza, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale disporrà d’ufficio lo sgombero e la rimessa in pristino stato dell’area a tutto rischio dell’ex concessionario, senza poter essere chiamata a rispondere di eventuali danni e/o ammanchi.

Lo stesso ente si riserva ogni azione per il risarcimento di tutti i danni patiti e pendenti, compresi quelli derivanti dalla mancata disponibilità dell’area demaniale in oggetto, oltre qualsivoglia spesa, onere o diritto, anche relativi allo sgombero d’ufficio, alla redazione di inventario e/o perizie, rimozione, conservazione, conferimento in discarica dei beni mobili e immobili abbandonati sul demanio, compresi interessi e competenze professionali. Informa poi che con successiva e separata nota procederà alla quantificazione delle somme dovute per l’occupazione senza titolo fino alla rimessa in pristino stato del compendio demaniale e che il provvedimento è stato trasmesso alla Capitaneria di porto di Portoferraio, per quanto di competenza in relazione alla occupazione abusiva dell’area demaniale marittima in questione e al Comune di Portoferraio, per gli accertamenti di competenza nei confronti della predetta Società in relazione alle condizioni previste dalle vigenti normative nazionali e regionali cui è subordinato lo svolgimento delle attività commerciali. L’atto potrà essere impugnato con ricorso al Tar della Toscana, entro 60 giorni, oppure con ricorso straordinario al Capo dello Stato, entro 120 giorni.

La posizione della società

«Siamo ormai agli atti finali di una vicenda che può avere origine solo nell’inconsapevolezza delle dinamiche di una realtà portuale come quella del porto di Portoferraio». È il commento di Paola Mancuso, ex segretaria dell’Autorità portuale e consulente legale della società Caffè del porto. «Il Caffè ha garantito da decenni un servizio ed oggi si decreta la sua chiusura senza aver nel frattempo realizzato nulla in grado di assicurare servizi e accoglienza – attacca Mancuso – Quando si prendono queste decisioni bisogna tener conto del fatto che non è in questione solo una realtà imprenditoriale con i suoi dieci dipendenti, ma una risposta concreta alle esigenze di servizio delle quali nessuno pare curarsi». La società ha presentato istanza di annullamento in autotutela dell’ordinanza non ravvisando carattere di urgenza e confida di poter trovare delle soluzioni per gli addetti in forza alla società.

«Non esiste in porto una pensilina per ripararsi da sole pioggia e ad una certa ora non esiste un altro servizio di ristorazione per un ampio raggio – prosegue Mancuso – Le motivazioni accampate sono improponibili. Le esigenze di viabilità si scontrano con la recente realizzazione della rotatoria: ieri era una soluzione, oggi non lo è più. Qualcuno dovrà pur risponderne. E poi la storia della security. Ho fatto il sostituto PFSO nel ruolo di segretario generale del Porto di Piombino e quando si fanno queste scelte servono studi ufficiali e piani approvati a livello nazionale. Questa fretta è immotivata e penalizzante e senza un chiarimento lascia spazio al dubbio che la città si avvii di nuovo verso l’incubo della soluzione delle barriere. Le ordinanze sono solo esercizio di potere amministrativo. Servono risposte pubbliche».

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