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Alluvione a Lamporecchio, la figlia dei coniugi morti rompe il silenzio: «Basta un temporale e ripiombo nell’orrore. Voglio giustizia»
La lettera di Isabella Madonia ricorda la tragedia del 2 novembre 2023, quando i genitori furono travolti dalla piena a via Podere Vitetto. A maggio il processo per omicidio colposo contro ex sindaco, ex vicesindaco e funzionario comunale. La figlia: «Dopo due anni trascorsi a leggere ed ascoltare le opinioni altrui, ritengo sia arrivato il momento di esprimere pubblicamente il mio pensiero»
LAMPORECCHIO. A due anni e sedici giorni da quella notte di acqua e buio, quando il fosso di Greppiano inghiottì la Ford Fusion di Antonio Madonia e Teresa Perone mentre percorrevano via Podere Vitetto a Lamporecchio, la loro figlia Isabella decide di rompere il silenzio.
Lo fa con una lettera indirizzata alle testate giornalistiche, una richiesta accorata che arriva proprio nei giorni in cui il giudice ha rinviato a giudizio l’ex sindaco Alessio Torrigiani, l’ex vicesindaco Daniele Tronci e il funzionario comunale Simone Innocenti per omicidio colposo. A maggio si aprirà il processo.
«Sono la figlia di Antonio e Teresa, i coniugi deceduti la tragica sera del 02/11/2023 a Lamporecchio. Dopo due anni trascorsi a leggere ed ascoltare le opinioni altrui, ritengo sia arrivato il momento di esprimere pubblicamente il mio pensiero». La sera dell’alluvione, mentre la Valdinievole veniva travolta da ore di pioggia estrema, il ponticello in pietra sul fosso cedette. I due coniugi, 70 e 65 anni, stavano rientrando a casa. Il crollo fu improvviso, la piena violentissima. Il giorno dopo, i soccorritori recuperarono i corpi decine di metri più a valle. Due delle dieci vittime di quella alluvione che sconvolse Pistoia e Prato. «Da allora, non passa giorno che io ed i miei familiari non pensiamo con estrema angoscia a loro e agli eventi che ce li hanno strappati via. Basta un temporale, una qualsiasi allerta meteo, per farci rivivere immediatamente l'orrore di quei momenti inenarrabili».
Secondo la Procura, quel tratto di strada avrebbe dovuto essere chiuso già prima dell’ondata di maltempo. Le allerte regionali erano state ripetute, e via Podere Vitetto figurava tra le zone a rischio idraulico nel Piano comunale di protezione civile. Da qui l’accusa di responsabilità omissiva nei confronti degli amministratori e del funzionario. «Sempre da allora, sto aspettando che la giustizia faccia il suo corso in quanto non è possibile perdere la vita in quel modo così atroce mentre si sta raggiungendo la propria casa. Dopo un anno e mezzo di indagini e tre udienze preliminari, dove è parso vi fossero perplessità sull’esito delle prime, finalmente a maggio partirà il processo».
Isabella torna anche sul tema del ponte, sul suo stato e sulla sua gestione, uno dei punti più discussi sin dai primi giorni dopo la tragedia. «Mi sarei aspettata che, oltre alle responsabilità individuate in ambito di protezione civile, fossero state perseguite anche quelle relative alla gestione del ponte. Spero che chi di dovere ne prenda atto. Perseguirò qualsiasi strada possibile per dare giustizia ai miei genitori e non mi arrenderò finché non l'avrò ottenuta».
Un appello che pesa come un macigno, mentre la comunità di Lamporecchio si prepara al dibattimento. Il processo stabilirà se quella morte si poteva evitare. Isabella, intanto, ha scelto di non tacere più.
