Il Tirreno

Il rapporto

Frane, a Massa-Carrara 15mila persone vivono in zone a rischio alto

di Melania Carnevali
Una frana nel comune di Montignoso
Una frana nel comune di Montignoso

Un quinto del territorio apuano è interessato da movimenti: è dovuto alle sue caratteristiche e alla poca manutenzione

4 MINUTI DI LETTURA





MASSA. Circa l’8 per cento della popolazione apuana vive in una zona a rischio elevato o molto elevato di frane, per un totale di 14.917 persone. Più di un terzo di queste, 5.883 sono nel comune di Massa. Altre 3.828 a Carrara, 1.004 a Montignoso, 950 a Fivizzano e altre centinaia sparse in Lunigiana. È quanto emerge dai Dataset Ispra con gli indicatori di rischio idrogeologico e riportati in parte nel rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia. In provincia, il 19% del territorio è considerato a rischio frane elevato o molto elevato. Ed è uno dei dati più alti nel Paese.

I dati

Le informazioni sul rischio frane in Italia di Ispra si basano sulle mappe di pericolosità elaborate dalle Autorità di bacino distrettuali, che sono gli enti responsabili della loro redazione e aggiornamento. L’Ispra si occupa poi di realizzare una “mosaicatura” nazionale, cioè di integrare le diverse mappe in un quadro unitario per tutto il territorio italiano. «Le aree classificate come P4, cioè a pericolosità molto elevata - spiega Carla Iadanza, ingegnera ambientale e autrice del rapporto sul dissesto idrogeologico presentato a luglio - sono quelle in cui vengono applicate le restrizioni più severe: si tratta di zone dove sono già presenti frane attive o dove le caratteristiche del terreno e della morfologia rendono probabile l’innesco di nuovi movimenti. In questi casi non è consentito alcun aumento del carico insediativo o nuove edificazioni, proprio per limitare i rischi per la popolazione». Le aree a pericolosità elevata o molto elevata comprendono terreni già interessati da fenomeni franosi o che, per le loro caratteristiche litologiche e geomorfologiche, risultano intrinsecamente instabili. «Anche l’uso del suolo gioca un ruolo importante - continua l’ingegnera di Ispra -: pratiche agricole e pastorali, se abbandonate o mal gestite, possono ridurre la stabilità dei versanti. Un esempio significativo riguarda i terrazzamenti, diffusi soprattutto nelle aree collinari e montane: la loro corretta manutenzione è fondamentale per garantire il drenaggio e prevenire lo scivolamento dei terreni. In caso di precipitazioni intense, un sistema di drenaggio inefficiente può provocare un “spinta del terreno a monte” e facilitare il distacco di masse instabili».

Per quanto riguarda l’esposizione della popolazione, Ispra fa riferimento ai dati del censimento Istat 2021, analizzati sezione per sezione per stimare quante persone risiedano in aree a diversa pericolosità.

La provincia

Nella provincia di Massa-Carrara, che conta circa 188.000 abitanti, si stima che circa 15.000 persone (pari all’8% della popolazione totale) vivano in zone classificate a pericolosità elevata o molto elevata. In termini di superficie, il 19% del territorio provinciale rientra in queste categorie di rischio. Quindi quasi un quinto. Dati che non stupiscono più di tanto conoscendo la struttura geomorfologica del territorio. La provincia è infatti uno dei territori più complessi e fragili d’Italia dal punto di vista geomorfologico. Come si legge nelle Note illustrative della Carta Geologica d’Italia, il foglio 249 «comprende un territorio caratterizzato da un’estrema varietà morfologica e paesaggistica che si esprime tipicamente nella prossimità di ambienti propriamente alpini alla fascia costiera, attraverso una stretta zona di raccordo». Una combinazione unica, dove rilievi che superano i 1.700 metri si affacciano in linea d’aria a pochi chilometri dal mare, e dove le differenze litologiche e strutturali determinano forti contrasti di stabilità. Nella parte montuosa apuana, «costituita quasi esclusivamente da formazioni metamorfiche dell’unità tettonica autoctono e dell’unità di Massa, la morfologia è dominata da versanti ripidi e profondamente incisi, dove le elevate pendenze e la natura fratturata delle rocce favoriscono l’innesco di movimenti gravitativi».

I rischi

Qui il rischio di frane è parte integrante del paesaggio: dalle colate detritiche che interessano i canaloni dei bacini marmiferi di Carrara, fino ai crolli e alle erosioni che modellano continuamente i versanti. Lo studio sottolinea come, «nelle aree dei bacini marmiferi, i ravaneti e i detriti di cava costituiscono accumuli instabili, potenzialmente soggetti a mobilitazioni rapide in occasione di piogge intense». È un equilibrio precario, aggravato da oltre un secolo di attività estrattiva e dalla natura stessa dei materiali, che «tendono a riattivarsi anche dopo lunghi periodi di apparente stabilità».Scendendo verso le colline peri-apuane, la fragilità assume forme diverse ma non meno preoccupanti. In questa zona «prevalgono le formazioni sedimentarie della Falda Toscana e delle Unità liguri e subliguri», costituite da alternanze di marne, argille e arenarie. Si tratta di terreni «soggetti a diffusi fenomeni di instabilità gravitativa», in cui «sono state riconosciute numerose frane attive, quiescenti e relitte». Non un’emergenza episodica, quindi, ma una condizione geologica permanente che richiede, come conclude il rapporto, «un monitoraggio continuo e una gestione attenta del territorio, volta alla prevenzione più che alla sola risposta all’emergenza». Che invece, spesso, manca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Giovedì sport
Conference League

Fiorentina, quando la crisi è senza confini. Ecco la beffa europea: il Mainz passa allo scadere

di Redazione web
La classifica