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Livorno, addio Adriana: una vita in cucina. «Era la signora degli spaghetti alla Marsigliese»

di Redazione Livorno
Adriana Ferretti a sinistra con il genero, il marito Piero Lenzi e la figlia al ristorante “Il Duomo”
Adriana Ferretti a sinistra con il genero, il marito Piero Lenzi e la figlia al ristorante “Il Duomo”

Dal ristorante il Duomo allo Yacht Club, fino agli anni a Capraia

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LIVORNO. Se n’è andata di lunedì (1 dicembre), giorno di chiusura dei ristoranti di famiglia dove per oltre mezzo secolo è stata dietro ai fornelli, tra pentole, sughi e preparazioni: fisicamente nelle retrovie, dietro le quinte «di bottega», come la chiamava lei, ma sempre un passo avanti in fatto di abbinamenti, soprattutto per quello che riguarda i primi piatti.

Dal Duomo, aperto sotto ai portici di piazza Grande col marito Piero Lenzi negli anni Settanta, fino alla Lampara, assieme alla figlia Elisabetta, in piazza Fioravanti. In mezzo gli anni pieni di sole trascorsi sull’isola di Capraia (prima allo Scorfano e poi alla Lampara, stesso nome del locale di Livorno) , passando per i Sette Tavoli, il locale di riferimento della Pallacanestro Livorno negli anni di basket city, il Paradosso, lo Yacht Club e anche il Sottocosta.

Adriana Ferretti aveva 93 anni e non solo per i livornesi era soprattutto “la signora degli spaghetti alla Marsigliese”. Una ricetta unica, capace di attraversare e deliziare generazioni di clienti, tanto da regalarle il successo nel “Piatto d’oro” del 1974, premio al quale teneva parecchio. Quando la ricetta veniva presentata ai commensali, a chi chiedeva spiegazioni sugli ingredienti la risposta era semplice: «Si tratta di una crema di scampi sgusciati e panna con un pochino di pomodoro». Ma dietro a quella pozione magica c’era molto altro: una lunga preparazione, dosi precise per non squilibrare il piatto e un ingrediente segreto. Raccontava Adriana a chi le chiedeva come fosse nata: «Nei primi anni Settanta andammo con mio marito a Marsiglia, in un ristorante mangiammo questo spaghetto, la base, rispetto a quella che faccio io era simile, ma era piccante e c’era anche il formaggio».

È così che è nato e cresciuto un mito che ha portato il piatto di Adriana a entrare di diritto nella hall of fame della cucina livornese insieme ai grandi nomi di quegli anni, alcuni tramontati e altri – per fortuna, ancora attivi: da Rosina a Faraoni, passando per l’Antico Moro e la Barcarola. Nella sua hit parade dei primi piatti c’erano anche il riso nero «fatto alla vecchia maniera, non quello con il preparato già bello e pronto», precisava, e quello di mare. Poi i favolli, la granseola ma soprattutto il brodetto di pesce «passato tre volte» e servito con i crostini.

Chi ha lavorato accanto ad Adriana nel corso degli anni ripete un particolare curioso: «A fine servizio di solito le cappine di chi sta in cucina sono sempre piene di macchie, la sua invece, anche dopo cento coperti, restava sempre bianca, immacolata». Adriana ai fornelli è rimasta fino a qualche anno fa, poi quando il fisico e le mani dopo aver saltato tonnellate di spaghetti, le hanno detto di fermarsi lei lo ha fatto, ma controvoglia. «La cucina – diceva – è stata la mia vita. Mi avessero dato un soldino per ogni piatto di spaghetti oggi c’avrei tre ville».

Adriana, oltre alla figlia lascia il nipote, il collega Federico Lazzotti, i due pronipoti, il fratello, la sorella e un sacco di clienti e amici che in questi giorni l’hanno abbracciata per l’ultima volta e ricordata. Riposerà nel piccolo cimitero sull’isola di Capraia, guardando il castello di San Giorgio, la Torre del porto e il mare.

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