Livorno, i migranti morti erano al loro primo ingresso in Italia: non hanno ancora un nome
Arrivato in città dal Belgio lo zio di un ragazzo scomparso che ha raccontato essere partito da Radès lo stesso giorno della vittima insieme a un amico su un mercantile: non ha più sue notizie da una settimana
LIVORNO. Erano al loro primo ingresso in Italia. Alla frontiera, quantomeno, in passato non erano mai stati identificati. Non hanno ancora un nome i due migranti trovati morti nello specchio acqueo del porto dopo il tragico tuffo in mare in cerca della libertà giovedì 30 ottobre mentre tentavano la fuga dalla nave “Stena Shipper”, dove erano stati affidati al comandante dalla polmare dopo essere stati trovati nascosti in un container. Volevano evitare il rimpatrio in Tunisia, dove la nave sarebbe tornata dopo una tappa intermedia a Genova, e per questo erano pronti anche alla morte.
Dopo il recupero dei sommozzatori dei vigili del fuoco, avvenuto nella mattinata del 4 novembre, i poliziotti della scientifica sono riusciti a prendere le loro impronte digitali, confrontandole con quelle dei database nazionali. Il risultato non ha dato alcun esito: i confronti continueranno con altre banche dati internazionali nella speranza di dare loro un volto e un nome e assicurare ai parenti degna sepoltura. Dovrebbero essere due ventenni, originari della Tunisia e non del Marocco come da loro dichiarato agli agenti della polizia di frontiera marittima che li avevano fermati. Nel frattempo, nella serata del 5 novembre, è arrivato a Livorno lo zio del ragazzo disperso che lui ipotizza possa essere uno dei profughi rinvenuti senza vita: sa che il nipote mercoledì 29 ottobre era partito dal porto di Radès su un mercantile diretto a Livorno con un amico e, dal momento dell’arrivo, non ha più avuto sue notizie. Le tempistiche, purtroppo, tornano. Ma la speranza è che non sia lui. Solo quando vedrà la salma per effettuare il riconoscimento potrà avere ogni certezza.
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