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Omicidio a Livorno, parla l'ex allenatore del 23enne: «Leo, bullizzato a scuola con noi si sentiva al sicuro»

di Claudia Guarino
Omicidio a Livorno, parla l'ex allenatore del 23enne: «Leo, bullizzato a scuola con noi si sentiva al sicuro»

Il racconto del coach: «Gesto ingiustificabile, ma c’è il contesto»

05 febbraio 2023
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Livorno «Leonardo era una promessa (della pesistica, ndr) e in palestra con noi è sempre stato un ragazzo aperto. Ma purtroppo quando andava a scuola è stato bullizzato e suo padre – questo ci ha raccontato – lo vessava in continuazione. Non dico che avrebbe fatto bene a fare ciò che è accusato di aver fatto. Dico solo che non bisogna trascurare il contesto». A parlare è Francesco Gioia, coach della palestra Bunker 48 ed ex allenatore di Leonardo Banti. Il 23enne, racconta Gioia, ha frequentato la struttura di via Filzi per circa quattro anni.

«Poi durante il periodo del lockdown per il Covid ha allestito una palestra nel suo garage e io l’ho aiutato. Successivamente , a pandemia finita, ha deciso di rimanere ad allenarsi lì». Banti alla Bunker 48 praticava strongman, una disciplina che, in breve, prevede il potenziamento del corpo attraverso il sollevamento di vari pesi.

«Era davvero portato – racconta Gioia –. Mi sarebbe piaciuto farlo partecipare ad alcune gare e iniziare un percorso con lui. Tanto che chiamai anche la madre perché volevo coinvolgere la famiglia». E poi com’è andata? «Leo è molto timido. Ci ha raccontato di essere stato vittima di bullismo in passato, anche a scuola. E, anche per questo motivo, capitava che si vergognasse».

I vicini di casa hanno descritto Leonardo Banti come un ragazzo taciturno, introverso e solitario. «Sì è vero – dice Francesco Gioia –. Con chi non conosceva era così. Introverso e taciturno. Ma in palestra era molto diverso. Con noi era buono, si divertiva. E si sentiva protetto. Sapeva che qui nessuno lo giudicava e con noi parlava spesso».

Ma che cosa raccontava il23enne ai suoi “colleghi” di pesi? «Raccontava una vita difficile. Diceva, appunto, che in passato era stato bullizzato a scuola e che aveva molte difficoltà in famiglia». Leonardo Banti, lo ricordiamo, viveva col padre nell’appartamento al civico 6 di via Paganini. La madre, ex compagna del padre, vive invece altrove da anni.

«Leo ci diceva che aveva problemi col padre – prosegue l’allenatore –. Ci diceva che capitava di essere picchiato da lui e che subiva forti pressioni psicologiche. Insomma, che il genitore lo vessava in continuazione».

Secondo Gioia, insomma, il giovane in palestra si sfogava raccontando i suoi problemi «perché sentiva che questo per lui era l’ambiente giusto». E parlava di un passato difficile fatto di prese in giro da parte dei compagni di scuola, per la sua stazza fisica e non solo. E di un presente fatto di sofferenza per un padre che – a quanto diceva – gli provocava dei disagi. «Questa era la situazione. Questo lui ci raccontava. Poi c’erano i problemi del padre col locale».

Fabrizio Banti, oltre a essere stato il titolare della Baracchina Bianca dal 2000 al 2005, più di dieci anni fa è rimasto coinvolto in un’inchiesta legata night Off Side di Ospedaletto che portò alla condanna in primo grado per di diverse persone, tra cui lui. L’iter processuale, peraltro, non si è ancora concluso. Il figlio, invece, ha un precedente risalente a diversi anni fa per una lite passata alle vie di fatto con un ragazzino. l

Cla.Gua.

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