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Grosseto

L’indagine

Imprenditore di 58 anni morto al Giglio, gli specialisti del pm: «Negligenze e imprudenze di due medici»

di Pierluigi Sposato
Imprenditore di 58 anni morto al Giglio, gli specialisti del pm: «Negligenze e imprudenze di due medici»

Al Pronto soccorso di Orbetello i due sanitari non avrebbero seguito protocolli e linee guida

08 maggio 2024
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ISOLA DEL GIGLIO. «Il comportamento dei medici di Pronto soccorso si è discostato in maniera netta dalle raccomandazioni delineate nel protocollo “interno”, sincrone alle linee guida nazionali ed internazionali del settore». Sono le conclusioni del collegio di specialisti nominati dal sostituto procuratore Carmine Nuzzo per far luce sulle cause della morte di Fabio Attilio Cairoli, il top manager di Igt Global Lottery, avvenuta sull’isola l’8 luglio scorso, ma anche sulle eventuali responsabilità nell’assistenza sanitaria, anche per quanto riguarda la visita effettuata il giorno precedente all’ospedale San Giovanni di Dio.

I professori Marco Di Paolo, Michele Edmin e Lorenzo Ghiadoni hanno preso in esame tutta la documentazione e le dichiarazioni e hanno formulato le loro conclusioni. Stabilito che «il decesso è attribuibile a una fibrillazione ventricolare che ha complicato un ulteriore (rispetto al primo del 7 luglio) episodio ischemico associato a recidiva di stenocardia in soggetto affetto da grave, estesa malattia coronarica», i tre specialisti (rispettivamente di medicina legale, di malattie cardiovascolari e di medicina interna) sono del parere che possano essere ravvisate negligenze e imprudenze in quanto avvenuto al Pronto soccorso. Ma solamente per due degli indagati: gli altri sanitari e anche il personale del 118 (medico, autista e due soccorritori) intervenuti al porto non avrebbero nessuna colpa, il loro comportamento sarebbe stato conforme alle regole dell’arte, a partire dall’allarme lanciato dai familiari di Cairoli poco dopo le 23,30. Il decesso era avvenuto poco prima dell’1 di notte tra l’8 e il 9, dopo novanta minuti di manovre di rianimazione. Cairoli soggiornava sull’isola a bordo dell’imbarcazione Giappa, ormeggiata al Molo Rosso. Sono state ricostruite quelle ore, anche quelle precedenti ai due malori, sulla base di quanto raccolto dai carabinieri in sede di indagine. Ci sono le dichiarazioni di chi era in quei giorni con lui, in vacanza. E ci sono anche le foto. C’è una descrizione dettagliata anche di cosa era avvenuto la sera dell’8 luglio, dopo la cena, una descrizione drammatica. Sono stati acquisiti e allegati i protocolli sanitari operativi.


Il 7 luglio, a partire dalle 22,25, la gestione del caso clinico sarebbe stata condivisa da due medici del Pronto soccorso del San Giovanni di Dio: uno avrebbe effettuato la prima visita e la richiesta di esami (sangue ed elettrocardiogramma), somministrando il Toradol, scattando con il proprio cellulare una foto della spalla di Cairoli; l’altro avrebbe chiuso il verbale, dopo una seconda visita, dimettendo il paziente poco dopo la mezzanotte. Secondo i tre specialisti nominati dal pm, potrebbe esserci stata una mancata aderenza al protocollo interno alla Asl: sarebbero stati necessari «il prolungamento dell’osservazione del paziente, la ripetizione di un ulteriore saggio di troponina e l’attivazione di una consulenza cardiologica, cui avrebbe potuto seguire il ricovero e la presa in carico della sindrome coronarica, questo anche nel caso improbabile ma non impossibile di una concomitanza di infezione da Herpes Zoster (il fuoco di Sant’Antonio, ndr) diagnosticata dai sanitari come unica causa della crisi stenocardica». In caso contrario, sarebbe stato attivato il percorso di gestione del paziente con dolore toracico stabilito dalle linee guida del settore. Quella sera era risultato un unico valore alterato, quello della troponina, 19 invece di 14.

I tre luminari sono del parere che vi siano stati dei fattori che avrebbero predisposto a una cardiopatia ischemica. E poi le conclusioni: «Èarduo, in questo contesto, segnalare quali tra gli elementi costitutivi della colpa debbano essere chiamati in causa. Come noto, imprudente è chi sbaglia per avventatezza, eccessiva audacia o trasgressione delle norme dettate dalla ragione, dall’esperienza o dalle evidenze scientifiche; è imperito chi una cosa non la sa fare e, facendola, sbaglia; è negligente chi si astiene dal fare una cosa che avrebbe dovuto fare. È nostra impressione che un medico chirurgo strutturato in un ambiente di Pronto soccorso debba necessariamente conoscere e seguire i protocolli e le linee guida di gestione del dolore toracico. Per questo motivo, il mancato rispetto di quanto previsto da questi parrebbe suggerire l’ipotesi di “negligenza” ma anche di un profilo di imprudenza per avere ceduto alla presunzione della diagnosi alternativa»

Le conclusioni di Di Paolo, Ermin e Ghadoni sono adesso oggetto di confronto con le quelle degli specialisti di parte.

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