Il Tirreno

Firenze

L'attentato dei Georgofili

«Vuoto sempre più lacerante»

di Giulia Poggiali
Vigili del fuoco al lavoro 31 anni fa sul luogo della tragedia
Vigili del fuoco al lavoro 31 anni fa sul luogo della tragedia

La maestra della piccola Nadia Nencioni morta nell’attentato dei Georgofili 31 anni fa ricorda la bimba che era amante della natura e solare con tutti i suoi compagni di classe

25 maggio 2024
3 MINUTI DI LETTURA





FIRENZE. Un vuoto che si fa sempre più lacerante, quello provato da Maria Grazia Mangani, maestra di Nadia Nencioni, la bambina di 9 anni vittima dell’attentato in via dei Georgofili. A distanza di 31 anni, le ferite provocate da quella strage faticano a rimarginarsi, e dinanzi al dolore, non resta altro che il ricordo: «Nadia resterà sempre in me e nei suoi compagni di classe, che di lei hanno scritto molto. In occasione di ogni anniversario dell’attentato, in loro, si riaccende sempre qualcosa. Quando è morta, sapevo che dovevo essere più forte per raccogliere le loro lacrime- racconta Maria Grazia Mangani all’iniziativa in vista dell’anniversario del 27 di maggio -. Nadia era una bambina che voleva bene a tutti, con tanta gioia di vivere e che parlava della campagna e dei suoi amici. I suoi temi trasmettevano tutto quello che aveva nel cuore». Nadia frequentava la terza elementare quando morì. Faceva parte di una classe numerosa, che stava muovendo i primi passi verso la conoscenza: in particolare, la bambina stava scoprendo la scrittura, per la quale era molto portata nonostante la giovane età. A raccontarlo, è ancora la maestra Mangani: «Pochi giorni prima dell’attentato, a lezione, parlavamo dei punti cardinali. Allora lei scrisse la sua poesia “Tramonto”, ma io non capì il significato. Si concludeva con “È già sera, tutto è finito”, e allora le chiesi cosa finiva e lei mi rispose che finivano i giochi». La poesia traeva ispirazione da Romola, il paese dove abitavano i nonni di Nadia. Lì la piccola «viveva la natura, il tramonto e i nidi di rondine. Cose che non riusciva a vedere in via dei Georgofili a Firenze», ricorda Luigi Dainelli, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili, nonché zio di Nadia.

L’evento commemorativo, organizzato ieri dalla Regione, si è svolto proprio in sua presenza: «La ricerca di verità e giustizia – spiega Dainelli – era uno degli scopi della nostra associazione quando l’abbiamo fondata nel 2001. E purtroppo siamo ancora qui ad aspettarle, nonostante i processi, gli ergastoli e la condanna degli esecutori. Al dolore si somma l’amarezza per la mancanza di una “verità giudiziaria”, di quello che c’era dietro la strage, e la speranza si allontana sempre di più». Dopo tre giorni dalla poesia “Tramonto”, Nadia morì e oggi, quelle semplici e innocenti righe, sono impresse nella mente di tutti, soprattutto dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, riconosciuto come uno dei mandanti della strage. Ma per la maestra Mangani ricorda il giorno della sua cattura, il 16 gennaio 2023 dopo 30 anni di latitanza, come un giorno vissuto nell’apatia, perché niente avrebbe potuto riportare indietro Nadia: «Quando lo hanno arrestato non ho provato niente, se non un senso di vuoto e abbandono. Queste persone non hanno il diritto di essere chiamati uomini».

Per ricordare il 31esimo anniversario, domani intorno alle 1.04 da Palazzo Vecchio si dirigerà verso via dei Georgofili il consueto corteo istituzionale, insieme ai familiari delle vittime, per la deposizione di una corona commemorativa. Lunedì 27 a La Romola (San Casciano Val di Pesa) , alle 8 si terrà la messa in suffragio delle vittime e a seguire, l’omaggio alle tombe della famiglia Nencioni e di Dario Capolicchio (la quinta vittima) nel cimitero di Sarzanello a Sarzana. Nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio dalle 18, “Memoria e ricerca della verità oltre il colpo di spugna”, un’iniziativa a cura dell’Associazione della Strage dei Georgofili, Movimento Agende Rosse e Antimafiaduemila.
 

Primo piano
Calcio e norme

Senza medico in campo ko a tavolino, Sandro Giani, il babbo di Mattia: «Una cosa positiva, ma il dolore non si placa»

di Francesca Bandinelli