Il Tirreno

Toscana

L’intervista

Lo sfogo di Matteo Biffoni: «Fuori dalla giunta senza spiegazioni da Giani e dal Pd»

di Giancarlo Fioretti
Matteo Biffoni
Matteo Biffoni

L’ex sindaco di Prato, recordman delle preferenze alle ultime elezioni regionali, commenta le nomine in Regione e il suo futuro politico

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«Ho preso 22.155 preferenze, grazie alle quali sono il candidato più votato nella storia delle regionali ma evidentemente questo mio risultato non è stato ritenuto sufficiente per entrare in giunta, o forse c’erano dinamiche diverse che però io non conosco». Mastica amaro l’ex sindaco di Prato, Matteo Biffoni, il cui trionfo elettorale somiglia sempre più a una vittoria di Pirro. «Voglio inoltre subito sgombrare il campo da ogni ipotesi di un mio accordo con chicchessia per restare fuori dalla giunta. A me nessuno del partito ha spiegato nulla. Né tantomeno sono stato contattato prima della costituzione della giunta da parte del Pd, fatto salvo un colloquio con il presidente Giani che però mi ha fatto capire che non c’erano i margini per un ingresso in giunta».

L’area riformista del Pd esce da queste elezioni sottodimensionata?

«Considerati i voti presi dai suoi esponenti, ci si poteva aspettare una rappresentanza più robusta».

In Regione è in atto la nemesi sugli ex renziani? Il nuovo corso schleiniano sta davvero rottamando l’ala riformista?

«Non credo. È semplicemente una fase storica. Se continuiamo a ragionare sempre di “ex” o di appartenenze a filiere che non esistono più non andiamo da nessuna parte».

Come valuta l’ingresso in giunta di Mia Diop e l’esclusione di Serena Spinelli e Simone Bezzini?

«Ho sempre detto che delle scelte di una giunta si prende solo atto. Riguardo a quella di Diop, dovrà essere valutata in base al suo lavoro e per questo cercheremo di metterla nelle condizioni migliori per poter operare al meglio. Bezzini e Spinelli dal canto loro sono stati assessori che hanno lavorato bene e i risultati elettorali sono lì a dimostrarlo».

Lei è un uomo di partito ed è popolarissimo nella sua città. Se il Pd le chiedesse fra qualche mese di candidarsi ancora una volta a sindaco di Prato, cosa farebbe?

«Se dovessi far parlare il cuore, la decisione sarebbe già presa, ma invece sono convinto che bisogna ragionare con la testa. Non fa bene a qualsiasi città che ci sia un uomo per tutte le stagioni».

Senza di lei, e dopo il caso Bugetti, Prato rischia davvero di passare al centrodestra?

«Prato è stata la prima grande città toscana a passare al centrodestra e io dico sempre che oggi, in politica, non c’è più niente di scontato. Ogni elezione te la devi conquistare con impegno e credibilità e quindi è chiaro che metta in conto questo pericolo».

Come vorrebbe che fosse scelto il candidato sindaco del centrosinistra?

«Senza dubbio con le primarie o comunque con una forma di consultazione della nostra gente che deve essere coinvolta e tornare a essere protagonista delle scelte dopo tutto quello che è successo in Comune».

È data per certa la sua presidenza alla commissione Sanità. In tal caso dovrebbe relazionarsi con Monia Monni. Accetterebbe?

«Ma figuriamoci se ci dovessero essere problemi a lavorare fianco a fianco con Monia Monni . Se questa fosse l’indicazione che viene dal gruppo e dalla maggioranza, l’accetterei. Non è la giunta ma è comunque un ruolo rilevante».

Il primo via libera all’ampliamento di Peretola ha acceso fibrillazioni nel campo largo che appoggia Giani. Lei da che parte sta? Con Giani favorevole alla pista o con Sesto e Campi pronte al ricorso?

«Sulla pista non cambio idea, che, del resto, è l’idea di Prato, cioè contraria da sempre. Del resto è una posizione che va al di là degli schieramenti dei partiti. Se piuttosto si deve creare un’infrastruttura, io penso che sia molto più utile il già previsto termovalorizzatore».

Parliamo di immigrazione. L’area Schlein vede come disumani i centri per il rimpatrio (Cpr). Lei si è sempre detto possibilista. In questo si sente più vicino a Donzelli o a Fossi?

«Provo a essere più vicino ai cittadini che vivono le città. I Cpr attuali sono una vergogna per il Paese. Detto questo è però innegabile che ci vogliano dei luoghi in cui si possano praticare le espulsioni per chi si rende, reiteratamente, colpevole di certi reati».

Cosa vede Biffoni nel suo futuro?

«Mi vedo a lavorare in Regione sugli interessi della mia comunità». 
 

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