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Il caso

Detenuti lavorano in carcere e sono sottopagati: lo Stato dovrà risarcirli

di Pietro Barghigiani
Detenuti lavorano in carcere e sono sottopagati: lo Stato dovrà risarcirli

Dopo la causa il ministero dovrà versare in tutto 20mila euro

04 febbraio 2023
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VOLTERRA.  Detenuti battono lo Stato e ottengono la condanna del ministero a versare la differenza tra quanto avrebbero dovuto essere pagati e l’effettiva retribuzione per il lavoro svolto nelle carceri in cui sono stati reclusi.

Sono un 42enne tunisino, a Volterra per scontare una condanna per l’omicidio di un connazionale avvenuto a Rimini – fine pena 2024 – e un albanese di 52 anni – fine pena 2034 – che nel 2014 uccise la moglie nel Genovese.

Entrambi dovranno ricevere dal ministero della Giustizia quasi 10mila euro a testa.

Durante la detenzione tra Ferrara, Prato, San Gimignano e da tempo Volterra, il nordafricano dal gennaio 2012 al settembre 2017 ha lavorato come scopino, inserviente di cucina, aiuto cuciniere, spesino e muratore qualificato. Tutte mansioni per le quali è stato retribuito dall’amministrazione penitenziaria. Solo che le somme non erano quelle che gli sarebbero spettate per effetto del mancato adeguamento delle retribuzioni (mercede, ndr) dal 1992 al 2017.

«Nel caso di specie risultano corretti e condivisibili i conteggi prodotti da parte ricorrente in allegato al ricorso, in quanto predisposti sulla scorta dei dati fattuali dell’attività lavorativa prestata, risultanti dalle buste paga versate in atti, e delle tabelle retributive del Ccnl di riferimento – scrive il giudice del Tribunale di Roma, sezione lavoro – . Pertanto, sulla scorta delle incontestabili mansioni svolte, dei giorni e degli orari indicati in busta paga, ben possono prendersi a riferimento, per il calcolo delle spettanze, i criteri indicati dalla difesa del ricorrente ed i relativi parametri». E il ministero della Giustizia deve versagli quasi 10mila euro con tanto di interessi. Stesso importo per il detenuto albanese per le mansioni sottopagate svolte tra Genova e Volterra.

Scrive il giudice nella sentenza che dà ragione al 52enne: «Il ministero della Giustizia non ha adempiuto all’obbligo di procedere agli aggiornamenti dei parametri retributivi utilizzati ai fini del calcolo della mercede per il periodo dedotto in ricorso con la conseguenza che risulta fondata la pretesa creditoria».

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