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L'analisi

Arena amara: il Pisa ancora ko

di David Biuzzi
Arena amara: il Pisa ancora ko

Dopo il Cittadella passa il SudTirol che capitalizza una zuccata di Belardinelli in avvio. La squadra reagisce ma sembra una mosca che sbatte contro una lampadina accesa

05 febbraio 2023
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PISA. Da fortino a terra di conquista. Già, è lo strano e triste destino dell’Arena. Che a fine 2022 aveva accompagnato l’ascesa del Pisa di Luca D’Angelo verso le zone più nobili della classifica ma che in questo complicato avvio del 2023 sta diventando il teatro della caduta fuori dalla zona playoff ( potrebbe materializzarsi coi posticipi di oggi). Già, perché dopo il Cittadella passa anche il SudTirol. Avversario che si presenta già forte del 4° posto ma che soprattutto si conferma fastidioso come trovarsi ad aspettare l’autobus a fine luglio con 39 gradi all’ombra e un’aria che sembra piombo fuso.

Pesante, insomma. D’altra parte, non a caso, l’allenatore è Bisoli (maestro di questo tipo di calcio) e la classifica dice che i suoi la lezione l’hanno imparata bene. Lo dice anche il campo, in realtà. Dove il Pisa si presenta con il 4-3-1-2 e la coppia Gliozzi-Moreo dal via. Esteves a destra e De Vitis che eredità gradi (da capitano) e compiti (interno sinistro) da Marin. Gli altoatesini, invece, indossano il 4-4-1-1 e subito si piazzano con tutti i giocatori spesso e volentieri nella propria metà campo. Ma anche pronti a ripartire, in tanti, negli spazi che i nerazzurri fatalmente devono concedere. È una brutta gatta da pelare, insomma. E il già duro compito diventa arduo dopo appena 11 minuti. Cioè quando, su un corner di Casiraghi, Belardinelli (al primo gol tra i professionisti) sul primo palo stacca (bene) tra Barba e Gliozzi e incorna alle spalle di Nicolas. È igà 0-1, insomma.

Il tempo per recuperare con manca, la generosità per provarci neanche. A venir meno, però, sono gli spazi e col passare dei minuti anche lucidità e idee. I nerazzurri, infatti, si riversano in avanti ma finiscono per sembrare come una mosca che va a sbattere la testa contro la lampadina accesa. Qualche sinistro dalla lunga di Morutan (che spara sì, ma a salve) e un destro fuori di Moreo al 26’ sull’unica azione ben congeniata (imbucata di Nagy e appoggio di petto di Gliozzi) non bastano a scalfire il solido muro eretto dagli ospiti.

Il giro-palla, infatti, è troppo lento. Per sfondare servirebbe più velocità o, magari, accettare la partita sporca voluta degli avversari e cercare le torri là davanti andando all’assalto delle seconde palle. D’Angelo opta per la prima ipotesi, tanto che al 7’ della ripresa gancia Gargiulo (per De Vitis) e Matteo Tramoni (per Touré) arretrando Morutan (ingabbiato dalla coppia Tait-Belardinelli) come interno destro. Più qualità e più rapidità, in sostanza. Peccato che il SudTirol arrettri ancora, in sostanza piazzando l’autobus all’ingresso dell’area di rigore, e il guizzo non arrivi. O meglio, arriverebbe anche, al 15’, quando Rus va a calciare una punizione di limite (fallo di Siega su Gliozzi) trovando prima la prodezza di Puluzzi e poi addirittura la combinazione palo-traversa a respingere. La palla sembra aver varcato la linea sul tocco del portiere, ma prima arbitro e assistente e poi il Var dicono no. Il consulto dura a lungo, i dubbi restano. Purtroppo non c’è la Goal line camera, annunciata per lo scorso agosto, a fugarli. Certo è che si tratta di millimetri, maledetti millimetri.

Risultato e copione, comunque, restano identici. Il Pisa continua a inserire giocatori offensivi (nell’ordine Mastinu per Nagy, Masucci per Moreo e infine Lisandro Tramoni per Beruatto)) il SudTirol a difendersi ad oltranza. Sfiora anche il bis, quando Odogwu s’invola su errore di Masucci ma sbatte un Nicolas in uscita (29’) ma soprattutto concede solo le briciole (Poluzzi coi pugni su sberla dalla lunga di Morutan al 33’) sia che i nerazzurri, sempre più nervosi col passare dei minuti, ci provino per vie centrali o allargano la manovra sulla fasce.

Così alla fine al Pisa non resta che leccarsi le feriti. Recriminare per quel gol-fantasma, certo, ma anche e soprattutto rimboccarsi le maniche per ritrovare una compagnia di viaggio, la brillantezza, che l’anno vecchio sembra essersi portato via.


 

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