Il Tirreno

Lucca

La storia

Salvò una famiglia rischiando la vita: Umberto Paradossi Giusto tra le nazioni

di Luigi Spinosi

	A sinistra una foto d'epoca di Umberto Paradossi; a destra, il figlio Alberto con in mano la fotodel padre
A sinistra una foto d'epoca di Umberto Paradossi; a destra, il figlio Alberto con in mano la fotodel padre

È il secondo lucchese a essere inserito nella lista dello Yad Vashem dopo fratel Paoli

05 febbraio 2023
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LUCCA. Erano tempi di fughe, ma c’erano fughe e fughe. Quella della famiglia Paradossi era una fuga dalla città e dal rischio dei bombardamenti. Una fuga dalla follia della guerra, una fuga di pochi chilometri da Lucca alle campagne del Morianese. Ma la storia ci ha insegnato che può esistere una follia ancora più inaccettabile della stessa guerra. Ed è da quella follia che invece scappava la famiglia Fernandez Affricano, con un percorso che portò Paolo ed Emma, con i figli Enrico e Fernarda, ad attraversare prima mezza Toscana, e poi mezza Italia, per evitare un altro viaggio, dal quale era quasi impossibile fare ritorno. La famiglia Fernandez Affricano infatti apparteneva alla folta comunità ebraica livornese, una comunità duramente colpita dalle leggi razziali prima e, in modo ancor più tremendo, dalle deportazioni naziste poi.

Una sorte che probabilmente avrebbe atteso anche i Fernandez Affricano se il destino non avesse messo sulla loro strada Umberto Paradossi. Un nome che in città tanti, fra i meno giovani, conoscono bene: imprenditore nel settore oleario e, nei primi anni cinquanta, presidente della Lucchese Calcio. Ai più giovani invece può suonare familiare il cognome, anche se associato a un altro nome, ossia a quello dell’attore Alberto (che infatti di Umberto è il bisnipote). Ma c’è un capitolo della storia di quell’imprenditore amante del pallone che pochi fino a qualche tempo fa conoscevano. Un capitolo ripercorso con una ricerca decennale dal figlio, Alberto (omonimo e prozio dell’attore), una storia vissuta in uno dei periodi più bui della nostra storia. Ma è proprio nel buio che, quando ci sono, le luci brillano di più. E Umberto Paradossi è stata una di quelle luci, al punto che il 24 agosto del 2021 lo Yad Vashem, il Centro per la memoria della Shoah, ha riconosciuto il suo valore. Scomparso nel 1986 a 81 anni, Paradossi è il secondo lucchese, dopo frate Arturo Paoli, a diventare Giusto tra le nazioni, e ad avere il proprio nome inciso sul Muro dell’Onore di Gerusalemme.

Ma non aveva ancora 40 anni Umberto Paradossi quando fece la scelta più naturale per un uomo degno di definirsi tale, ma anche la più rischiosa. All’epoca, pur intuendo qualcosa, ancora nulla si sapeva del destino che attendeva le persone di religione ebraica arrestate e deportate dai tedeschi. Solo con la fine della guerra si scoprirà l’orrore dei campi di concentramento. Però si conoscevano benissimo le ritorsioni cui andavano incontro gli italiani che aiutavano gli ebrei. Eppure Umberto, giovane padre di famiglia, non ebbe il minimo dubbio sulla cosa giusta da fare.

Per ragioni di lavoro conosceva i Fernandez Affricano, e temendo per il loro destino trovò per loro un rifugio relativamente sicuro nel Capannorese, a Guamo, dove la famiglia livornese ottenne dei documenti falsi. Ma quella relativa sicurezza venne messa in dubbio, quando Umberto venne a sapere che era in programma un rastrellamento alla ricerca di ebrei. A quel punto organizzò una nuova fuga, attraverso l’Italia, per mettere in sicuro i Fernandez Affricano. Non solo organizzò il trasferimento, non solo trovò un appartamento in cui avrebbero potuto nascondersi a Roma. Ma per tutto il tempo della bufera, e fino alla Liberazione si preoccupò di garantire la sopravvivenza della famiglia che, essendo nascosta, non poteva certo procurarsi viveri. Fu lo stesso Umberto Paradossi a occuparsene, inviando viveri a Roma, celati sotto mucchi di carbone trasportati su un carro.

Una storia di persone diventate eroi semplicemente per aver fatto la cosa giusta. Umberto, ma anche il carbonaio che, rischiando la vita, fece su e giù tra Lucca e Roma per portare i rifornimenti, o l’impiegato dell’anagrafe che falsificò i documenti della famiglia livornese durante la fuga a Guamo. E, accanto agli eroi, anche gli sciacalli, come il repubblichino, fidanzato della donna di servizio dei Paradossi, che avendo scoperto quanto accadeva, chiese soldi per il proprio silenzio.

Di questa storia restano tante cose da raccontare, ma soprattutto resta un’immagine: l’abbraccio tra i figli che avevano attraversato quegli anni terribili da bambini, ossia Alberto Paradossi ed Enrico Fernandez Affricano (che, in uno strano incrocio del destino, in passato è stato anche presidente del Livorno Calcio). Avvenne in occasione dell’incontro a Villa Bottini, nel 2021, per le celebrazioni della Liberazione di Lucca. E proprio Villa Bottini sarà teatro, l’8 febbraio alle 14,30, della cerimonia per la consegna da parte dello Yed Vashem del riconoscimento di Giusto tra le Nazioni a Umberto Paradossi. l


 

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