Il Tirreno

LIVORNO. Correva il gennaio dell’anno 1973, i livornesi, che pigramente stavano assistendo alla canonica edizione del Festival di Sanremo, a un certo punto spalancarono di scatto le palpebre in via di rilassamento: un tale quartetto denominato “Le Figlie del Vento” stava interpretando un pezzo dall’ermetico titolo “Sugli sugli bane bane” un cui passaggio, assai curioso, recitava «Sugli sugli bane bane tu miscugli le banane, lo diceva un livornese che tornò da quel paese».

La reazione

La popolazione labronica si sentì tirata in causa e in città ci si chiese l’un l’altro cosa mai volesse intendere il paroliere del testo (tale Anna Piccioli) con quella frase. Una presa di giro? A noi livornesi? Ma si rendeva conto la signora Piccioli cosa stesse rischiando? Ma niente di tutto ciò. Semplicemente erano gli anni in cui si si collaudava il genere musicale cosiddetto demenziale, poi portato al successo (loro sì) , da gruppi come gli Squallor ed Elio e le Storie Tese.

Chi erano

Le Figlie del Vento, così come il loro padre, (il vento appunto) riuscì a portarle a Sanremo così come repentinamente le riportò nell’oblio. A onor del vero parteciparono anche a un Disco per l’Estate senza lasciare traccia. L’unico album, poi pubblicato, si chiamò, in assoluta coerenza, “I carciofi son maturi se li mangi poco duri”. ..ed è onesto precisare come un paio di canzoni siano state firmate da Roberto Vecchioni. Volete sapere il titolo del lato “b” di Sugli sugli? “Le viole sono viole, le rose sono rose”.Elementare no?

La canzone

Se siete interessato agli approfondimenti le Figlie del Vento, oltre al ritornello citato relativo al rapporto tra i livornesi e le banane, ci dedicano poi un altro passaggio: ”Chi le lascia (le banane ndr) lascia il gatto ma dev’essere un po’matto. Lo diceva un livornese...etc...”. Vabbè. Ma ci fu una trasmissione che vide le Figlie del Vento invece valorizzate: lo “Schif Parade” condotta da Luciano Salce e Franca Valeri.

Dimenticavamo: per gli appassionati di gastronomia il sugli è un piatto dell’isola di Bali. Un sagace commento apparve sulle colonne di questo del Telegrafo, così si chiamava il Tirreno allora: «In tutti i casi i livornesi da quel paese non tornano. A quel paese eventualmente mandano».

Da martedì

Adesso non ci resta che sederci sul divano, a partire da martedì, per seguire il Festival. Chissà che per i livornesi non ci sia una sorpresa, come quella del 1973, quando dal teatro dell’Ariston a un certo punto non scoprimmo quella canzone che per molti mesi a Livorno diventò un tormentano arrivato fino a oggi. l