Sfrattato, fa esplodere la casa: Pierantonio Cianti aveva confidato il piano agli amici – «Non me ne vado, piuttosto faccio danni...»
La proprietaria aveva deciso di sfrattarlo, lui aveva difficoltà a pagare l’affitto e lei voleva vendere
BARBERINO DEL MUGELLO. L’aveva detto a qualcuno degli amici in paese, il Ciantolo, come lo chiamavano tutti a Barberino del Mugello: «Vogliono che vada via, ma io non la lascio, la casa; piuttosto faccio danni». Una frase rimasta sospesa nell’aria di paese, come tante, fino alla notte dell’Immacolata, quando quelle parole sono diventate realtà. Pierantonio Cianti, 71 anni, ex camionista, in pensione da tempo, è morto nell’esplosione seguita da incendio che ha devastato l’appartamento al primo piano della palazzina gialla tra via Garibaldi e la Bolognese, dove viveva in affitto da anni. Pagava e non pagava. Aveva accumulato ritardi, solleciti, avvisi. E alla fine anche una raccomandata: il contratto non sarebbe stato rinnovato.
All’apparenza, la sua era una vita tranquilla, fatta di abitudini e di poche cose, senza scosse evidenti. «Un bonaccione, era un amico vero, aveva fatto il camionista e da un po’ era in pensione, che l’abbia fatto volontariamente mi pare davvero strano», racconta Danilo Bardazzi, uno degli amici storici. Eppure per i carabinieri del nucleo provinciale di Firenze non ci sono dubbi: l’unica pista al vaglio per spiegare una strage appena sfiorata è quella del gesto volontario, messo in atto per protesta contro lo sfratto.
La proprietaria, nipote del costruttore deceduto, aveva ereditato l’immobile dal nonno. Dopo mesi di solleciti gli aveva chiesto di lasciare la casa: voleva venderla, spiegano gli inquirenti. «Sicuramente mia figlia non gli avrebbe rinnovato il contratto», conferma il padre della padrona di casa, prima di chiudersi in un silenzio pesante. Anche perché Cianti aveva problemi con le rate mensili. Lui lo sapeva. E da giorni, raccontano, parlava solo di quello: della casa che non voleva lasciare, del futuro che non vedeva.
Così a qualcuno degli amici, che da ieri si ritrovano in capannelli nella piazza del paese a parlare sottovoce della «tragedia», aveva detto di essere pronto a tutto pur di non andarsene. Non tutti gli avevano creduto. «Ma non, a Ciantolo piaceva vivere, e poi a me era sembrato sereno. Sì, diceva che era sotto sfratto, ma veniva a cena con noi, si divertiva, rideva, non mi spiego che i carabinieri pensino che abbia voluto farla finita così». Tra i vicini c’è chi continua a pensare che volesse solo “lanciare un segnale”, un avvertimento, che poi gli sia sfuggito di mano.
«Gl’era un bonaccione, un amico vero, si facevano le cene insieme», racconta ancora Bardazzi. C’è, fra i vicini, chi dice che Cianti sabato stesse facendo i pacchi per andarsene. Forse aveva deciso di arrendersi. E forse, all’ultimo, ha cambiato idea. «Un soggetto, un personaggione, aveva lavorato in fabbrica e poi sui camion, anche con me», racconta un altro amico, arrivato fin qui con il bastone per dargli l’ultimo saluto. «Lo diceva che era sotto sfratto, un po’ ci rideva un po’ no – dicono da un altro capannello di amici – Quelli del Comune gli avevano anche fatto vedere una casina, ma aveva rifiutato». Lo conoscevano davvero tutti, e ognuno sul Ciantolo ha la sua versione. C’è chi racconta di quella volta in Ungheria o forse in “Cecoslovacchia” – qui si sono fermate le lancette della geografia politica – in cui ebbe «qualche problemino di soldi con il Puzzola». Molti pensano ai figli, «bravi ragazzi, vivono all’estero, uno faceva l’avvocato», nati dalla relazione con l’ex moglie della Repubblica ceca che ora vive a Siena e da cui s’era divorziato. Aveva scelto di restare solo, qui, a vivere di poco: una pensione minima, l’appartamento di via Garibaldi, qualche rimpatriata con i coetanei.
In piazza quasi nessuno crede che possa essersi spinto a tanto. «Ma no, era simpatico, sorridente, è stato un incidente suvvia», si schermisce la macellaia. Eppure qualche crepa nella vita di Cianti doveva essersi aperta. «No comment», dicono i parenti, che gestiscono il ristorante sotto le logge. Una risposta che pesa come un macigno.
L’altra notte è rimasto sveglio, e alle 4 del mattino, nel giorno dell’Immacolata, è andato in cucina, ha aperto la bombola del gas ai fornelli e ha trasformato l’appartamento al primo piano di questa casa gialla fra la Bolognese e via Garibaldi in una bomba contro lo sfratto. L’hanno ritrovato con la tuta addosso. Il Ciantolo prima ha tentato, in modo un po’ rudimentale, di far detonare il gas con l’accendino, poi ha lasciato che il metano si disperdesse nel soggiorno, ha acceso la stufetta elettrica e s’è accasciato sul divano aspettando il big bang della sua disperazione.
